Non posso rivolgermi a lei se non con l’unico termine che mi viene in mente: mostro. Poi rifletto e capisco che la mostruosità è il suo agire e non le posso attribuire la qualifica di mostro. Nel dizionario Treccani “mostro” è una figura mitologica che si presenta con caratteristiche estranee al consueto ordine naturale, in quanto per lo più formata di membra e di parti eterogenee, appartenenti a generi e specie differenti, con aspetto deforme e dimensioni anormali sì da indurre stupore e paura. Probabilmente solo la capacità di imporre paura è tra le caratteristiche che fanno parte del suo essere mostro. E anche il fatto che lei sembra sfuggire a quello che è l’ordine naturale umano. Le mostruosità che ha commesso sono incommentabili perché talmente orrende da provocare disgusto. Non credo che lei abbia ascoltato il racconto che Stefano Massini ha fatto del rapimento di Giuseppe Di Matteo, della sua morte e di quello che non voglio nemmeno ricordare. Quel bambino è stato nelle sue mani e in quelle dei suoi complici per più di tre anni con l’unica colpa di essere figlio di un pentito. Lo avevate preso vestiti da poliziotti, dicendogli che lo portavate a trovare il suo babbo e lui, contento, vi aveva seguito, perché ai figli mancano i padri e lei e i suoi complici avete giocato sull’amore per produrre orrore. Per tre anni lo avete tenuto rinchiuso, con poco cibo, senza la possibilità di lavarsi finchè, stufi, ve ne siete liberati. Prima e dopo di lui altri morti, altre vittime forse un centinaio per sua mano o per suo ordine.
Ora che è nelle nostre mani ci dica lei cosa dovremmo fare. Provi un attimo a pensare cosa farebbe lei a chi le ha ucciso un figlio, un parente, un amico. Sono sicuro che farebbe quello che ha fatto per tutta la sua vita: produrre dolore, sofferenza e morte. Ebbene voglio dirle che no, lo Stato, cioè noi cittadini, non la seguiremo su questa strada. Lei è malato e noi la cureremo, non per prolungare la sua agonia, ma perchà tutti hanno diritto alle cure. Le daremo da mangiare, forse non quello che ha mangiato fino a ieri, ma quello che mangiano tanti altri detenuti e tante persone libere. Le daremo la possibilità di vestirsi, cambiarsi, lavarsi, difendersi con un avvocato. La processeremo e avrà la condanna che merita secondo giustizia, davanti a un tribunale. Non starà rinchiuso in un buco sotto terra di due metri per uno. Certo in una cella e al 41 bis, ma senza torture fisiche e psicologiche. Sono certo che penserà che siamo proprio degli imbecilli. No, siamo solo migliori di lei: non ci vendicheremo, ma faremo giustizia che non è qualcosa che prescinde da una dose di umanità che appartiene a tutti noi, magari pure a lei che mi auguro, anche se lo dubito fortemente, qualche volta abbia provato un brivido al ricordo di almeno una delle cose terribili che ha fatto.
Lei vivrà quanto sarà possibile con le cure mediche adatte che le saranno garantite da quelli che ha rapintato, dai parenti di quelli che ha ucciso, delle sue tante vittime. E quando morirà di morte naturale non la scioglieremo nell’acido, non la mureremo nel cemento: avrà il suo luogo di sepoltura, magari nascosto ai più, ma dignitoso. L’unica cosa che non faremo è mettere una croce sulla sua tomba.