Una cara amica che stimo per la sua intelligenza e la sua onestà intellettuale mi rimprovera la scelta di voto che ho esplicitato qualche giorno fa. Voterò Sinistra italiana-Verdi al Senato dove all’uninominale è candidata Ilaria Cucchi e Movimento 5 stelle alla Camera. La mia amica mi ricorda il pericolo della destra, il rischio di non riuscire a contenere la Meloni e mi rivolge un appello a votare PD, unico voto utile. Premetto che la mia scelta di voto tiene conto di un vantaggio notevole: il voto a Sinistra Italiana è un voto alla coalizione a guida PD e rappresenta quello che per comodità definiamo voto utile. Alla Camera la probabilità che il PD si aggiudichi il seggio uninominale e diversi seggi al proporzionale è alta e il voto ai 5 stelle aumenta le loro possibilità di avere un più alto numero di parlamentari. Il voto per Conte è un voto sofferto: le contraddizioni e la confusione di questi anni non hanno giovato all’immagine del movimento e alla comprensione della sua linea politica. Chi si entusiasma per i 5 stelle è spesso mosso da un astio verso il PD che non mi appartiene. Però, pare essersi aperto un percorso in cui i 5 stelle si collocano in un’area progressista con alcune parole chiare a sostegno dei lavoratori, della giustizia sociale, della lotta alle disuguaglianze. E’ una scommessa che si può vincere o si può perdere, ma vale la pena tentare.

Qui però vorrei spiegare perché non posso votare PD, partendo da un presupposto: il PD non è il mio nemico. E’ un partito che ha una politica che non condivido, ma è l’unica grande forza che una sinistra del cambiamento può avere a riferimento. Dandolo per perso a questa prospettiva la sinistra si obbliga ad un isolamento politico di lunga durata. Ma il Pd ha commesso errori imperdonabili, su alcuni dei quali sarebbe ingeneroso tornare, mentre su altri, più attuali e recenti non si può tacere. Il primo punto riguarda l’appiattimento sull’inesistente agenda Draghi. Le scelte di governo sono state tutte  e solo dettate da Draghi e il PD ne è diventato il primo fermo sostenitore senza imporre nulla di suo che ne segnasse in senso riformatore le politiche. Il Pd non è stato in grado di far emergere una sua proposta autonoma innovativa.  Nessuno dei tentativi di riforma del lavoro, nessuna strategia di concertazione è andata oltre qualche timido accenno. Il ministro Orlando non ha avuto che un peso marginale nel governo dove probabilmente l’unico vero elemento innovatore e serio è stato rappresentato dal ministro della salute Speranza. Il PD è apparso incerto e Draghi ha giocato come il gatto con il topo. La mancata attuazione di una riforma elettorale in conseguenza della riduzione dei parlamentari che eliminasse il Rosatellum e si orientasse verso un proporzionale con sbarramento è l’altro grande errore del PD. L’idea di un campo largo che contendesse alla destra il primato in un sistema maggioritario e bipolare ha segnato i quasi due anni di governo Draghi, salvo poi  ad una alleanza ampia in nome della agenda Draghi, fatta peraltro di un appiattimento sulle politiche americane, sull’accondiscendenza alla NATO, sulle politiche di riarmo, sulla mancanza di una linea europea realmente autonoma da Washington. Mentre giustamente si condannava l’aggressione russa all’Ucraina neanche una iniziativa è stata intrapresa per la pace, e ancora oggi si plaude alla guerra che continua con la speranza che la Russia si arrenda, mentre ci aspettano altri morti da una parte e dall’altra. tema delle armi ci sono reonsabilità gravissime: se ancora (ma non ne sono affatto convinto) spedire armi agli ucraini poteva avere un senso per frenare l'aggressione russa, le politiche nazionali di riarmo sono vergognose. In questi giorni il ministro Guerini (ex fedelissimo di Renzi) ha  presentato progetti per ispese militari per 12,5 miliardi, mentre non si trovano soldi per aiuti alle famiglie massacrate dal costo del gas, della elettrività e di una inflazione che a fine anno potrebbe toccare il 19%. Aver imputato a Conte la caduta del governo Draghi è stato il colpo di grazia al campo largo che si è trasformato in una politica dei molti forni in nome del servilismo a Draghi. L’insistenza sul termovalorizzatore a Roma è stato un grave errore. Togliere quella proposta dal campo non voleva dire rinunciarvi per sempre. Sarebbe stata un’operazione tattica, ma almeno si sarebbe evitato di schiaffeggiare i 5 stella, già ampiamente isolati in un governo di coalizione nel quale invece sarebbero dovuti essere gli interlocutori privilegiati del PD. Non si è insistito sul ruolo avuto dalla Lega nell’accelerare la crisi che fra l’altro è stata una iniziativa di Draghi conseguente più alle parole della Lega che a quelle dei 5 stelle.

Dopo lo scioglimento delle Camere il PD ha abbandonato l’idea del campo largo che evidentemente non era un progetto politico, ma un semplice escamotage. Ha cominciato a cercare alleanze senza alcuna coerenza: con Calenda, con Renzi, con la Bonino, con Sinistra italiana e i verdi, con Articolo 1. Alla fine si è concretizzata l’alleanza con Sinistra Italina, tra l’altro l’unica forza di opposizione al governo Draghi, di fatto un accordo elettorale tecnico che poteva essere tranquillamente fatto anche con i 5 stelle. Eppure molti temi posti dai 5 stelle (ne cito solo alcuni: difesa del reddito di cittadinanza e politiche attive del lavoro; salario minimo; decreto dignità e lotta al precariato; colpire le numerose speculazioni che in vari settori di attività (settore farmaceutico, assicurativo, oltreché del trading del petrolio e del gas); taglio del cuneo fiscale; sostegno a piccole imprese e lavoratori autonomo; transizione ecologica e fonti rinnovabili; bonus 110%) coincidevano con quelle del PD e potevano essere una base di intesa, insieme ad alcune delle proposte di questo partito su scuola, sanità, diritti civili. Anche i 5 stelle, alle chiusure del PD hanno reagito con durezza e hanno scelto di correre da soli con un forte impegno sui temi sociali. La strategia dei 5 stelle, le parole di Conte sono solo tattica o disegnano un possibile scenario per la ricomposizione di un quadro a sinistra del PD? Nessuno può dirlo o negarlo con certezza, ma sono convinto che il voto utile non è quello che difende l’esistente, ma quello che apre una prospettiva nuova per tutta la sinistra e forse anche per il PD.

Il voto al PD finirebbe per approvare la confusione che regna in quel partito, il cui destino, per la mancanza di strategia politica, sarà quello di una segreteria Bonaccini, espressione dell’ala più moderata del PD (e ex fervente renziano).
Il mio auspicio è che con un successo di Conte il PD assuma una linea autonoma, capace di riaprire il dialogo con il Movimento 5 stelle con una opposizione comune e la costruzione di proposte politiche, soprattutto sul piano economico e sociale alternative alla destre. Insomma, un PD che potrei chiamare bersaniano.