La scuola è una comunità, la più grande del paese. Ed è una comunità di più comunità. La scuola oltre alle norme e alle leggi generali ha i suoi strumenti di autogoverno che le tante pessime riforme hanno tentato e in parte sono riuscite a ridimensionare. La comunità scolastica nazionale vive in simbiosi con il paese, ma ogni singola comunità scolastica vive, almeno così dovrebbe essere, in stretto legame con il suo territorio. Ogni singola comunità è diversa dalle altre: sono diversi i ragazzi e le famiglie, sono diversi i docenti e il personale non insegnante, sono diverse le realtà sociali ed economiche in cui si trovano. E, purtroppo, sono diverse le scuole tecniche dalle altre scuole. Ma ci sono tre cose che le accomunano: la conoscenza, la libertà e la creatività che è strettamente legata alla fantasia. Nelle scuole tecniche si aggiunge la manualità che invece, in molte altre scuole viene sacrificata (si pensi al disegno nei licei). Se queste sono le premesse aspettarsi dal centro o dal potere politico regionale tutte le risposte alla riapertura delle scuole in epoca di epidemia è profondamente sbagliato.

 La scuola ha risorse immense: le hanno docenti e non docenti, le hanno i ragazzi e, se sostenute, possono averle le famiglie. Come per la sanità il personale della scuola sa e si rimbocca da sempre le maniche, giorno dopo giorno, in ogni ordine e grado della scuola. I problemi che oggi sembrano una novità e che vengono presentate come criticità esistono da sempre. Il calendario scolastico è prerogativa delle Regioni. Lo scorso anno le scuole sono iniziate fra il 5 e il 18 settembre, ben 9 il 16 del mese. La mancanza di insegnanti e di personale non docente è una costante da anni per i tagli nelle finanziarie, come pure e incertezze per gli incarichi annuali. Il trasporto pubblico ed in genere la mobilità urbana vivono mille difficoltà nel periodo di apertura delle scuole. Tutte le polemiche di questi giorni alimentate dalla stampa e dalla destra appaiono pretestuose e inconcludenti. La scuola ha tante potenzialità e lo ha dimostrato: migliaia di insegnanti si sono mobilitati per la didattica a distanza; tutti sostenevano che non ci sarebbero stati i docenti per la maturità e invece tutto ha funzionato. Ci sono centinaia di esperienze che dimostrano la forza del mondo della scuola: dai maestri di strada di Napoli, alle scuole dei quartieri ad alto tasso di mafia e criminalità di Palermo, dai maestri di Reggio Emilia ai professori delle scuole del Sud che preparano all'Università quelli che spesso diventano i nostri migliori laureati nel mondo. A quelli che pensano alle diserzioni, ai giornalisti che hanno liquidato le grandi lezioni di Montessori, Rodari, Don Milani, Mario Lodi solo per citare alcuni, e che probabilmente hanno dimenticato i loro insegnanti e quello che gli hanno donato, dico solo che rimarranno delusi. La scuola è viva e non si lascerà seppellire dalla stupidità e dalla sfiducia. Sarebbe utile mandare segnali e suggerimenti alle famiglie e un invito ai ragazzi a scoprire che la distanza fisica è diversa dal distanziamento sociale. Ci si può scambiare affetto anche con il metro di distanza, si possono condividere emozioni, sentimenti e idee anche senza stare vicini. In fondo i giovani lo fanno con i social. Dargli coraggio, idee e consapevolezza dovrebbe essere una missione non affidata solo alle famiglie e agli insegnanti, ma dovrebbe essere un impegno della politica e dell’informazione. Ecco perché provo disgusto per quei politici che speculano e offendono: perché sono quelli che la scuola l’hanno rapinata, distrutta e spesso nemmeno frequentata.