In un interessante intervento Massimo Morisi pone una questione fondamentale per ragionare sulla città al tempo del corona virus: chi possiede la città. Ho cercato di ragionare su questo tema del possesso della città e mi sono reso conto che al di là del tema della cittadinanza attiva, della espulsione della residenza dal centro storico, della crisi dell’artigianato che data ormai da lungo tempo, la città ha avuto un proprietario, la rendita, e uno strumento, il turismo. Nessuno ne è stato immune. Parto dal Comune di Firenze. Nardella se la prende con il governo che non gli dà abbastanza soldi a compensazione del mancato provento dell’imposta di soggiorno (43,8 milioni) e di quella sui bus turistici (18 milioni). Pare dimenticarsi che da Renzi e poi da lui si è scelto di conquistare facili consensi usando lo slogan Pace fiscale, molto salviniano, che ha bloccato le variazioni di imposte di qualsiasi tipo, ed ha puntato tutto sui proventi pagati dai turisti. Nel 2015 l'imposta di soggiorno media era di euro 2,43. Nel 2019 era cresciuta a euro 3,44 con un aumento di oltre il 41% al quale ha fatto seguito un ulteriore incremento per il 2020 del 15,7%. Poco meno de 9% delle entrate del comune derivano da lì e altrettante dalle contravvenzioni. Insomma, il comune ha seguito, e sostenuto, il mercato del turismo di massa e ha fatto crescere attorno ad esso un mercato perverso, quella Firenze Disneyland fatta di centinaia e centinaia di servizi commerciali, di bar, di ristoranti, di dehors. Si è ragionato nel peggior modo possibile: ricavare il massimo dal turismo, nè più nè meno di quanto facevano le immobiliari e i proprietari dei fondi commerciali del centro storico. Perché se qualcuno possiede la città sono proprio questi soggetti. La crescita degli investimenti nell’immobiliare commerciale è stata costante dal 2010 sia per i prezzi di vendita che per gli affitti. Venezia e Firenze hanno avuto ottime performance nel centro storico (a puro titolo di esempio nella zona Signoria, Duomo, Pitti, San Niccolò il prezzo di vendita raggiunge anche i 7000 euro al mq e i 42,9 euro/mese al metro quadro; e si tratta di prezzi sottostimati). Investimenti sono arrivati da grandi operatori internazionali che hanno scommesso sul turismo di lusso. Tutto questo ha comportato un cambiamento non solo economico, ma anche culturale: il turismo è diventato un modello di vita, fatto di consumi, sfruttamento del patrimonio immobiliare senza alcun fine sociale. In questo immobilismo strategico l’insieme della città ha seguito un percorso governato su pochi interessi e senza una prospettiva strategica di lungo periodo, pur avendo potenzialità enormi nel campo della conoscenza, della ricerca, delle start up. Come uscirne? Non è facile. Dobbiamo dare per scontato una forte crescita della disoccupazione e una crisi profonda di alcuni settori commerciali. I negozi che chiudono, soprattutto in centro diventano bocconi prelibati per investitori speculativi e perfino per la malavita organizzata. Su questo il pubblico dovrebbe intervenire ad esempio investendo nelle start up con maggiori opportunità di crescita e ripopolando il centro con queste attività, anche attraverso agevolazioni fiscali sugli affitti. E’ solo un esempio. Nel contempo si dovrebbe lavorare alla formazione e riconversione del personale dei settori che andranno in crisi orientandosi verso le necessità del mercato del lavoro soprattutto nei settori innovativi (ambiente, cultura, energia, tecnologie) e anche nella pubblica amministrazione. Un percorso difficile e che meriterebbe più di un impegno di studio e ricerca e che dovrebbe essere sostenuto a livello dello Stato centrale, abbandonando finalmente la cultura della Firenze delle mura e cominciando a pensare ad una dimensione metropolitana e di area vasta.